ERA “COOL” NEGLI ANNI ’60. LO È ANCHE OGGI, E PARECCHIO. ROSSA O GIALLA, LA 125 COSTA 4.090 EURO. NON È POCO MA DETTAGLI E FINITURE SONO DI PRIM’ORDINE. MA NON  SOLO: CON LA MONKEY LA CITTÀ DIVENTA UN PARCO GIOCHI E LA NOSTRA PROVA SI È TRASFORMATA UN AVVENTURA. ANZI, IN UN INSEGUIMENTO

In quattro anni di Ferro Magazine ci è capitato spesso di gironzolare per la città in moto. A modo nostro, s’intende, con appariscenti special o pettinate modern classic appena uscite dalla catena di produzione. Roba forte insomma, soprattutto per quelli inclini al fascino del ferro, che magari non disdegnano di sentirsi osservati al proprio passaggio oppure al rosso del semaforo. Anche perché poi c’è chi si avvicina per attaccare bottone, per fare domande, magari proprio mentre il fotografo (se stiamo lavorando), spazientito, ci fulmina con lo sguardo dall’altra parte della strada; nella maggior parte dei casi sono discorsi da motociclisti. E qualche volta, lo ammettiamo, ce la siamo anche tirata un po’, del resto capita di lasciarsi andare quando si è in sella alla classicona più ambita del momento

Ecco, tutta questa premessa era necessaria per dirvi che situazioni simili sono quasi all’ordine del giorno ma poi…. beh poi c’è anche altro.

Se credevamo di aver fatto il callo alle curiosità e alle domande, non sapete che ci è successo quando si è trattato di attraversare la città con l’eccentrica Honda Monkey 125, appena lanciata sul mercato.

Sì, perché con lei gli sguardi e le domande si moltiplicano. Va bene, a quanto pare la minibike targata Honda esercita un appeal che non si discute, ha stile e strizza l’occhio al passato, a quella prima Monkey che negli Anni ʼ60 fu pensata come un giocattolo da parco dei divertimenti: accadeva in Giappone, a Tokyo, precisamente nel ʼ61, e tale fu il successo che Soichiro Honda decise di avviarne la produzione un paio d’anni a seguire.

La “scimmietta” che diventò icona ce la ricordiamo tutti e la nuova 125 ne ripercorre il design e i concetti: i parafanghi e la paratia dello scarico cromati, il manubrio rialzato e la sellona strizzano l’occhio alla versione originale, mentre ai fini pratici la Monkey resta compatta quanto basta per essere trasportata nel vano posteriore di un camper (questo dice Honda), o nel bagagliaio di una spaziosa station wagon (aggiungiamo noi).

Ma non è tutto: la Monkey è robusta e ha una vera vocazione da “tuttoterreno”.

Lo dimostrano il telaio monotrave in acciaio, che tra le altre cose assicura una luce a terra di 16cm; lo confermano gli pneumatici (montati su cerchi da 12”, contro le minuscole ruote da 8” del passato) con spalla da 80 mm e l’escursione generosa delle sospensioni: 100 mm per la forcella a steli rovesciati; 104 mm per la coppia di ammortizzatori posteriori (a proposito: la livrea delle molle degli ammortizzatori si abbina alla colorazione del telaio).

Bene, faremo tesoro di queste dichiarazioni a fine giornata, quando ci concederemo una breve parantesi “dirty”. Nel frattempo ci rendiamo conto che nonostante le dimensioni compatte, l’abitabilità non è poi male: sulle prime, lo ammettiamo, la stazza mini della Monkey ci imbarazzava un po’ ma si trattava solo di… psicosi maschili.

Ci siamo ricreduti in fretta, anche perché l’ergonomia e le distanze che corrono tra pedane, sella e manubrio sono appropriate, mentre l’altezza del piano seduta, 775 mm dal suolo, mette a proprio agio chiunque. Persino un’hobbit sarebbe in grado di manovrare questa piccola funbike.

E a tal proposito, il nostro tour urbano comincia con una serie di certezze e con una vera sorpresa: la “scimmietta” è divertente, eccome. Non vi racconteremo certo di prodezze da streetfi ghter ma con i suoi 9,4 cavalli per 104 kg di peso, incluso il pieno di benzina (il piccolo serbatoio contiene 5,6 litri di carburante), in ambito urbano ci si possono togliere inaspettate soddisfazioni, dagli scatti da centometrista ai cambi di direzione fulminei, a metà strada tra uno scooterino 50 cc e… un cucciolo di ghepardo.

L’assetto è decisamente morbido ma questo non pregiudica la stabilità e il senso di controllo. La frenata è effi cace e adeguata alle prestazioni: il disco posteriore è modulabile ma davvero incisivo all’occorrenza (oppure quando si vuole fare gli scemi innescando qualche derapata); per ottenere una risposta decisa dal disco anteriore invece, la leva che lo aziona va spremuta con forza ma crediamo sia un eff etto appositamente pensato per quelli che hanno poca dimestichezza con le due ruote.

Ad ogni modo, e solo sull’anteriore, interviene l’abs monocanale, completato dal sistema Imu che scongiura il sollevamento della ruota posteriore. Utile, sì, perché se ci si lascia prendere la mano su questo grintoso microbo può sempre capitare una staccatona in stile gran premio.

Come detto, il piccolo monocilindrico raff reddato ad aria riesce a essere brillante, complice la taglia small che deve portarsi appresso, ed è anche per questo che la nostra parentesi cittadina ha assunto una connotazione più ferrosa del previsto.

Piccola parentesi, i consumi sono davvero irrisori: Honda dichiara 67 km/l, un dato diffi cilmente riscontrabile nel mondo reale, certo, ma è improbabile (forse impossibile) trovare un moderno veicolo a motore che “beva” così poco.

La Monkey, con il suo cambio a quattro marce rapido ed esaltante, ha una spiccata attitudine “fun” che si traduce in una caccia tra curve e ostacoli da superare: se hai tempo ti induce a trasformare il tuo spostamento in un vero e proprio “ride” urbano. E poi la Monkey è impagabile perché ci ha dato l’illusione di essere “unici” come delle rockstar. Il che fa parte dello spasso. E comunque ci siamo dovuti ricredere quando un’altra Monkey, nella versione Banana Yellow, ci è sfrecciata accanto. In sella, una bella rossa, giacca di pelle e occhiali da sole, che non ci ha nemmeno degnati di uno sguardo. Potevamo forse lasciar correre? Nah. Via, all’inseguimento.

L’OPINIONE DELLA FERRISTA

Appena sono salita sulla Monkey ho pensato: “Che fi gata! Ci voglio andare ovunque, anche in spiaggia!”. E in quanto a stile, beh, sembra un giocattolino, uno di quelli che ti riportano indietro nel tempo, con il suo look Anni ’60 un po’ romantico. Scorrazzarci in città è la cosa più facile del mondo, soprattutto se la metto impietosamente a paragone con la mia vecchia Guzzi cafe racer. Agile nel traffico e scattante al semaforo, è morbida e non teme strade sconnesse, pavé o binari.

Coi cerchi da 12” nemmeno i marciapiedi sono un problema. Con la “scimmietta” mi sono concessa anche qualche chilometro su strade extraurbane, e nonostante la potenza limitata la piccola Honda è riuscita a regalarmi qualche soddisfazione, mantenendo agevolmente e a lungo velocità dignitose. In poche parole, la Monkey è un’alternativa cool alla comodità di uno scooter. Con in più il sapore del ferro. Un mezzo iconico, giocoso e certamente di carattere.

Credits:
Testi: Alessandro Gueli e Gilda Dota
Foto: Mattia Negrini