Una nuda con semimanubri, design da esercizio di stile e un poderoso monocilindrico: che la Vitpilen 701 sia la perfetta cafe racer contemporanea?

Ferma sul suo cavalletto laterale, la Vitpilen 701 è un simbolo, la materializzazione della chiara strategia che sta segnando il rilancio di Husqvarna degli ultimi anni e che, con i tre modelli presentati in questo 2018, ha visto la sua sublimazione. Tutto ruota attorno al design, lo strumento principale scelto per creare un’immagine forte e carica di personalità nella mente dei motociclisti. Uno strumento ovvio, se vogliamo, ma utilizzato in questo caso in maniera tanto estrema quanto sapiente, rendendo irriconoscibile la base tecnica in arrivo dalla cugina KTM 690 Duke.

L’aspetto complessivo è quello di un esercizio di stile (e non è solo un modo di dire, essendo rimasto quasi invariato dal primo prototipo, mostrato a Eicma 2015), con quel faro tondo e perfettamente piatto e le linee che sembrano prelevate da un libro di architettura contemporanea, ma è solo avvicinandosi che si coglie tutta l’ossessiva attenzione riservata a dettagli normalmente trascurati su pressoché qualsiasi due ruote di grande serie, figurarsi su una da poco più di diecimila euro. Ci sono talmente tanti tocchi originali, che a ogni sguardo se ne colgono di nuovi.

Husqvarna Vitpilen 701
Husqvarna Vitpilen 701

La linea gialla che taglia di sbieco la vista laterale, formata dal retro del serbatoio e dalle pedane del passeggero e che prosegue idealmente nella fascetta di supporto dello scenico scarico nero opaco, è solo una delle più evidenti, assieme al serbatoio diviso superiormente in due metà asimmetriche e al sottocoda nobilitato dall’enorme logo “701”.

Il numero simbolo della moto ritorna poi quasi a sorpresa su due componenti secondarie come le leve di cambio e freno posteriore, mentre nella stessa zona persino i paratacchi delle pedane stupiscono per la ricercatezza del disegno. E poi ancora il supporto del portatarga, lo splendido gruppo ottico posteriore (a led come l’intero impianto luci) e il marchio Husqvarna integrato alla base di una sola razza delle cinque di ciascun cerchio in lega.

La strumentazione circolare, in comune con Vitpilen e Svartpilen 401 e che avevamo già criticato nella nostra prova di quest’ultima su Ferro #36, è il solo elemento a non tenere il passo con l’eccellenza estetica del resto della moto, soprattutto per la scelta di un lcd tradizionale al posto dei moderni schermi tft a colori, ben più appariscenti oltre che di più facile lettura.

Se ci abbiamo tenuto a sottolineare l’altissimo livello del design di questa Husqvarna, non pensiate che sia per glissare in qualche modo sulla sua dinamica.

Anzi, la guida della Vitpilen è talmente coinvolgente e spassosa, che dopo la prima manciata di curve si finisce per dimenticarsi qualsiasi eventuale contegno suggerito dalla sua veste ricercata.

Come accade per ogni monocilindrico in configurazione Euro 4, l’accompagnamento sonoro è piuttosto deludente, ma tutto il resto regala sensazioni appaganti e diverse da qualunque altra moto attualmente in commercio.

La posizione è da sportiva vera ma di quelle di ultima generazione, dunque con semimanubri belli ampi e quasi paralleli al terreno anziché stretti e spioventi, mentre la sella è meno dura di quanto possa sembrare, anche se il comfort è un’altra cosa.

Dove la Vitpilen dà il meglio, senza grosse sorprese, è sul più classico dei passi di montagna. Rapida a scendere in piega e agile come una naked di piccola cilindrata, ha allo stesso tempo un’attitudine alla guida allegra da sportiva di razza, pressoché libera da tratti di nervosismo che avremmo potuto accettare vista la leggerezza del pacchetto l’interasse nella media con i suoi 1.434 mm.

Solo sui curvoni più veloci l’assetto perde una piccola parte della sua compostezza a favore di qualche movimento di troppo del mono; stiamo parlando però di andature ben poco “politically correct”, senza contare che le sospensioni WP sono regolabili, dando ai più impallinati con la velocità in piega la possibilità di irrigidire la taratura di serie. Tra una curva pennellata e l’altra, il propulsore detta i tempi col caratteristico pulsare deciso da mono, sbrigando in fretta la formalità dei rettilinei grazie al rapporto favorevole tra i suoi 75 cv e il peso contenuto entro i 160 kg.

Un valore, quest’ultimo, che rende la vita facile anche all’impianto frenante con singolo disco da 320 mm e pinza Brembo radiale a quattro pistoncini: un secondo disco avrebbe fatto più danni all’agilità di quanti benefici avrebbe portato nelle frenate, comprese quelle più decise.

Quanto detto fin qui porta quasi naturalmente a evocare i fasti delle leggendarie supermono degli Anni ’90, e possiamo assicurarvi che non si tratta di un paragone azzardato. Solo che in questo caso c’è tutta la raffinatezza, meccanica ed elettronica di un prodotto dell’industria degli Anni ’10 del nuovo millennio.

Doppia accensione, iniezione elettronica e ride by wire riescono a fare in modo che l’enorme singolo pistone da 105 mm vada su e giù per i suoi 80 mm di corsa producendo una spinta costante a qualsiasi regime dai 3.000 in su, con un’erogazione fluida e sempre gestibile che culmina con un allungo alieno ai mono stradali di una volta, fin oltre quota 9.000.

Persino le vibrazioni sembrano più quelle di un bicilindrico parallelo tanto sono contenute e ben gestite: i limiti intrinseci nell’architettura motoristica fanno sì che si accentuino un po’ ai medi – tra i 5.000 e i 6.000 giri – ma sarebbe irrealistico aspettarsi di meglio, così come non si può pretendere che un mono da quasi 700 cc non strappi sotto i 3.000 giri.

Evitando di stuzzicare il propulsore proprio là dove non serve, però, è difficile trovare veri spunti di critica alla guida della Freccia Bianca (è questo il significato del nome svedese), ancor più se si tiene conto della dotazione elettronica che aiuta a divertirsi con quel surplus di sicurezza che libera la mente. Traction control e abs Bosch 9M+ si comportano come la proverbiale rete di sicurezza, tenendo tutto sotto controllo senza mai intervenire a tarpare le ali anche ai piloti dal polso più sciolto.

A proposito di elettronica, un cenno lo merita anche il cambio rapido attivo anche in scalata, inappuntabile nel funzionamento quando si tira il collo al motore (salvo una leva un po’ dura), fatica a garantire innesti fluidi quando si passeggia sottocoppia.

Husqvarna Vitpilen 701
Husqvarna Vitpilen 701

In effetti, è l’intera Vitpilen 701 a non gradire più di tanto la guida completamente disimpegnata.

Nel traffico cittadino non se la cava male in assoluto, complici la leggerezza e un angolo di sterzo generoso, ma quando non si è a caccia di curve o l’aria non preme sul busto in velocità, i polsi soffrono sulle sconnessioni più pronunciate nonostante l’assetto non estremo.

La leva della frizione, poi, è quasi insensatamente corta, costringendo a tirarla con non più di due dita a ogni semaforo sulla via dell’ufficio. E poi ci sono le già accennate idiosincrasie ineliminabili di qualsiasi grosso monocilindrico, compresa l’impossibilità di vedere qualcosa negli specchietti al minimo.

Non si tratta certo di difetti macroscopici, ma il punto è un altro: la Vitpilen 701 è una moto talmente unica nel panorama attuale e così carica di fascino e personalità, che siamo stati tentati dal rispolverare per lei il vecchio cliché del “carattere”. Quel luogo fittizio dove spesso i motociclisti (e, come tali, spesso anche i giornalisti) amano relegare difetti più o meno veniali delle due ruote più amate.

Noi abbiamo evitato tutto questo, però fidatevi: se avrete occasione di provarla, questa cafe racer contemporanea finirà per strapparvi di bocca quella parola senza che voi possiate farci nulla.

Credits
Testi: Lorenzo Schiappadini
Foto: Alberto Cervetti