Il segreto di Geni? Un’officina piena di memorabilia. Che vivono una seconda giovinezza sulle sue special

 Le oche sono un antifurto naturale, dovrei lasciarle più libere di girare in giardino. Sapevi che si comprano al chilo e non a numero?”.

Non è l’inizio di una pièce da teatro dell’assurdo, sono parole di Eugenio Vezzetti, il vincitore del Deus Build Off 2016 di Milano. Ci accoglie in casa sua a Cuorgné, in provincia di Torino ma molto più vicina alle montagne dei giganti, quelle del Gran Paradiso, che al capoluogo piemontese.

I pennuti starnazzanti, insieme a quattro cani tra cui Ziggy, un pastoso pitbull di dieci mesi, sono custodi dell’area che comprende la casa e il ristorante-pub di famiglia, il Linc, e l’officina in cui Eugenio pensa e costruisce le sue motociclette. E colleziona qualsiasi cosa ritiene interessante.

Siamo venuti per vedere le moto e parlare con lui, ma siamo rimasti a bocca spalancata per l’antro di Vezzetti: sembrava di stare in una dimensione parallela, robe da cartone animato o Doctor Who, con oggetti di tutte le specie che ti galleggiavano davanti.

Eugenio “Geni” Vezzetti è un barbuto classe 1979 che sin da piccolo è stato a contatto con manualità e laboratori: “La mia è una famiglia di artigiani da moltissimi anni, sin dal 1881”, ci racconta. “Il mio bisnonno in Veneto aveva una ditta di cesellatura per arte sacra. Dopo la guerra mio nonno si è trasferito a Cuorgnè e si è messo a lavorare il rame in quanto quest’area era piena di battilastra. Mio padre ha continuato questa attività e io da piccolo gli sono stato dietro: lui pensa che le cose ce le si debba guadagnare, ecco perché ciancrignavo [faceva lavoretti, ndr] in officina fin da bambino. Poi ho fatto l’istituto d’arte di Castellamonte per lavori su ceramiche e l’Accademia delle Belle Arti di Torino”.

 

Già, l’arte, quella delle cose fatte a mano, sembra avere un ruolo molto importante per Eugenio: “Se vivi nell’arte, vuoi arte. Per esempio, in una casa superminimal bianca e asettica, io un chiodo su una parete te lo devo piantare, è più forte di me. La casa non è solo un posto in cui vai a dormire, c’è dell’altro. Se devo pensare di vivere in una sala senza libri o quadri perché perfetta e stereotipata, allora dovrò pensare anche un’altra stanza in cui i libri o i quadri li possa mettere, non riuscirei a vivere senza qualcosa che ho deciso di aggiungere io”.

Vezzettipensiero

Nel Vezzettipensiero c’è una sorta di indole custom radicata che si mischia bene con la passione che ha per gli oggetti; l’officina che una volta serviva per le lavorazioni dei metalli si è trasformata in un enorme collettore di memorabilia, bici agée, asciugacapelli, macchine da cucire, libri di anatomia e manichini di donne con mascherine antigas. E ovviamente moto. È passione per il design, con un concetto quasi darwiniano della collezione di oggetti: “È un’evoluzione, prendi quei televisori là in fondo, il tubo catodico è lo stesso, cambiano le valvole che diventano transistor. Accumulo cose per vederne l’evoluzione. Ci sono oggetti che tra vent’anni saranno ancora più belli. Guardo la fattura, la lavorazione. Per trovarli giro per i mercatini, chiedo ad amici o guardo su internet. A volte sto cercando un oggetto e finisco per comprare tutt’altro, una cosa che appena vista mi fa pensare ‘Beh, in quel posto ci starebbe benissimo’. Alcune cose – prosegue – le prendo e restano lì per anni senza far nulla, poi d’incanto se devo fare una moto, mi ricordo che quello sarebbe un dettaglio perfetto”.

Moto socialiste

Ah sì le moto, ce ne stavamo quasi dimenticando. Eugenio è un motociclista e guida una Yamaha Dragstar modificata con interventi basici, fanalino Sparto e un portapacchi fatto col poggiapiedi della Vespa. Oltre a questa nella sua officina giacciono la Poca Cura e la OraColo, le due moto che ha costruito per i Build Off di Milano del 2015 e 2016: “Poca Cura, la CZ 175 che ho presentato nel 2015, nasce da un restauro iniziato e mai finito. Dopo esser stata smontata per più di un anno, mi son deciso un giorno a farla diventare un rigido. Casualmente poi ho incontrato un amico che aveva partecipato al Build Off l’anno prima e parlando mi è venuta voglia di iscrivermi. In 15 giorni ho finito la moto: è arrivata seconda. Ma è stata capita poco, forse perché ha un motore troppo piccolo”.

A Geni piacciono i bobber, le moto sovietiche che “Sono socialiste e hanno tutte gli stessi componenti”. E non piace perdere: ecco su quali capisaldi è nata la sua seconda moto, quella che ha fatto saltare il banco in via Thaon de Revel, al Deus: “Dopo essermi piazzato bene nel 2015 ho pensato alla storia della fortuna del principiante e mi son girate le scatole. Poi incontravo gente che mi diceva ‘Eh vabbé, la faccio anche io una moto l’anno prossimo’ e mi faceva incazzare tantissimo”, così da quel misto di convinzione, rivalsa e parti recuperate è uscito il bobberone OraColo, su base Dnepr sidecar, choppato della terza ruota“.

 

Il silurone, che a Milano ha battuto tutti è nato con dei dettagli unici, primo fra tutti il serbatoio in ottone che ha richiesto 10 giorni per essere sagomato ed è testimone di tre tipi diversi di saldatura: un inno all’artigianalità creato da Eugenio sotto i dettami tecnici di suo padre. Altro particolare insolito è la sella, che sella non è: “È la staffa di un motore Honda, ma quando l’ho presa in mano ho pensato: è figo, sarebbe un cinema se dovessi stampare io un pezzo del genere, cosa potrei fare? E mi è venuta in mente una sella”.

Il pezzo quindi esisteva già, solo che aveva un ruolo che non sapeva di avere: il recupero di elementi e particolari è una costante su entrambe le moto, come il fendinebbia Carello sulla Poca Cura o la sede faro della OraColo che è un vetusto cardano.

Dopo la vittoria Eugenio ha deciso che la prossima moto la farà per sé: un’altra CZ 250 socialista, che probabilmente diventerà un bel cross dal serbatoio scintillante.

“Poi mi piacerebbe fare una hot rod – dice – Magari su di una Balilla”.

Tanto i pezzi li troverà in giro per la sua officina. Come le idee. E non importa se scapperanno fuori, là ci sono sempre le oche che avvisano se c’è qualcosa che non va.

 

Di Ben Zanotto – Foto Alessandro Altavilla