Vestito vecchia scuola, meccanica moderna e muscoli possenti: una formula lanciata dalla XSR900 e oggi estremizzata dalla CB1000R. le abbiamo confrontate in un testa a testa, un ottimo pretesto per goderci una splendida giornata al ritmo di innumerevoli pieghe

DI LORENZO SCHIAPPADINI • foto CRISTINA PERTILE

 

C’erano una volta le modern classic, moto pensate per rinverdire i fasti di modelli leggendari del passato trasportandone il fascino nel presente. Ferri in cui le doti dinamiche passano in secondo piano, dedicati a chi non ha mai smesso di apprezzare l’eleganza motociclistica di un tempo, fatta di meccanica ed essenzialità.

Ma perché parlare al passato di un genere oggi vivo e vitale?

Il motivo è semplice: negli ultimi anni l’orizzonte del mondo modern classic si è esteso a tal punto che la definizione una volta valida per un intero, piccolo e omogeneo segmento, oggi mal si presta a definire una realtà variegata e multiforme.

Yamaha Xsr900

 

Prendiamo la Yamaha Xsr900 qui davanti a noi. Si ispira al passato, impossibile negarlo, pertanto s’inserisce alla perfezione in tale categoria. Eppure non c’è un solo elemento della sua tecnica, mutuata immutata dalla MT-09, che faccia anche solo ripensare alle due ruote classiche. C’è un motore a tre cilindri in linea da 847 cc e 115 cv, raffreddato a liquido e senza nemmeno l’accenno di una finta alettatura, incastonato in un modernissimo telaio a diamante in alluminio.

E che dire dello scultoreo forcellone nella stessa lega leggera, della forcella a steli rovesciati, del doppio disco da 298 mm con pinze freno ad attacco radiale o dei cerchi in lega calzati da generosi pneumatici sportivi? I maligni potrebbero dire che a Iwata non si siano dati troppo da fare per nascondere la natura contemporanea della Xsr, noi saremmo più propensi a sostenere che non abbiano voluto farlo, creando di fatto qualcosa che prima non c’era.

Due anni dopo l’arrivo della Yamaha, sulle strade c’è un’ulteriore variazione sul tema, anche lei proveniente dal Giappone.

HONDA CB1000R

 

È la nuova CB1000R, anche se in questo caso il procedimento è stato inverso rispetto a quello della Xsr: in Honda sono partiti dalla loro precedente maxi naked ad alte prestazioni e, nel rinnovarla da cima a fondo, l’hanno vestita con un look unico, in cui l’ispirazione classica è decisamente proiettata verso il futuro. Può essere definita modern classic? Forse no, ma è interessante come la Casa dell’Ala abbia scelto di sviluppare questo tema per distinguere dalla massa la sua nuda di punta.

Un ruolo, quest’ultimo, reso esplicito dai 145 cv del quattro cilindri in linea derivato dalla vecchia Fireblade, dalle sospensioni Showa completamente regolabili chiamate a sostenere il telaio monotrave in acciaio con piastre laterali in alluminio e chiarito una volta per tutte da una dotazione elettronica ineccepibile, con quattro riding mode, di cui uno personalizzabile per livello del controllo di trazione, risposta al comando del gas e freno motore. Pacchetto a cui la versione “+” che stiamo osservando aggiunge manopole riscaldate e quickshifter con funzionamento sia in salita, sia in scalata.

Ricapitolando, le protagoniste di questo testa a testa sono una naked di media cilindrata che gioca a fare la modern classic e una maxi sportiva scarenata che cavalca l’onda del gusto retrò. Potrebbero esserci premesse migliori per trascorrere una giornata di sole e curve?

Muscoli e narcisismo.

Ferme sul cavalletto, le rispettive forme evidenziate dalla luce allo zenit, le due giapponesi mostrano fieramente i muscoli di ultima generazione ma rendono ancor più palese la differenza di approccio nell’evocare le glorie passate.

 

La Yamaha, col suo profondo faro alogeno tondeggiante e il morbido serbatoio, è semplice e diretta, impreziosita da una nutrita serie di accessori tra i quali spiccano il doppio scarico Akrapovic, gli specchietti al manubrio in alluminio ricavato dal pieno e la sella scamosciata con tanto di copertura monoposto removibile. Qualche finitura e alcuni dettagli appaiono un po’ sottotono, ma nulla di imperdonabile per una moto che offre tanto a un prezzo che parte da sotto i diecimila euro.

 

La CB1000R, al contrario, fa valere da subito una raffinatezza impressionante, costruttiva e di design: il suo omaggio alla vecchia scuola è sofisticato ma riuscito, con una linea bassa mossa dagli spigoli vivi e luci interamente a Led. E a elevare la percezione generale c’è il carico aggiuntivo di alluminio della versione +, rappresentato da cupolino, codino monoposto e supporti dei parafanghi anteriore e posteriore. Messi da parte i gusti personali, sfideremmo chiunque a trovare un solo dettaglio fuori posto nella maxi di Tokyo.

In sella

Quando poi viene il momento di salire, avviare il motore e percorrere i primi metri, le diversità estetiche vengono confermate da sensazioni iniziali altrettanto differenti. Nonostante l’altezza della sella da terra dichiarata sia la stessa, la forma della seduta porta a toccare terra con molta meno semplicità sulla Yamaha, che però compensa con una leggerezza percepibile sin dalle bassissime velocità.

Anche la posizione di guida non ha niente in comune: sulla Honda ci si sente accolti nella moto, relativamente distesi verso il manubrio, mentre la Xsr dà più la sensazione di essere seduti sulla moto, col busto eretto e le mani a impugnare con naturalezza il manubrio alto e largo.

 

Con la CB ci si sente subito a casa, mentre salendo sulla tre cilindri di Iwata occorre qualche istante per prendere le misure. Dopodiché entrambe sono facili e intuitive allo stesso livello in praticamente qualsiasi condizione, compreso il traffico dell’ora di punta, il che è sorprendente soprattutto per la Honda, vista la mole e la cavalleria ben superiori. Il fatto è che, pur con caratteri e voci profondamente diversi, entrambi i motori offrono tanta spinta in basso ed erogazioni fluide e lineari.

Nulla in comune

Se tuttavia abbiamo voluto provare l’una contro l’altra Xsr900 e CB1000R+, non è certo per esaltarne il lato mansueto e accondiscendente, ma per sviscerarne le qualità nella guida veloce. E anche in tal senso, tra le attitudini e le personalità delle due veloci modern classic orientali si apre un solco profondo.

 

Il terreno di caccia preferito della Xsr è il misto stretto, quello fatto di continui dentro-fuori senza respiro, dove la ciclistica alta e agile della Yamaha permette ingressi fulminei e cambi di direzione altrettanto rapidi. Il motore CP3 prende giri con avidità tra una curva e l’altra e non si trova mai in debito di spinta, mentre il controllo di trazione, impostato sul livello più basso tra i due disponibili, funge da rete di sicurezza psicologica pur senza intromettersi nel gioco, mostrandosi complice nel lasciare che la ruota anteriore si sollevi nelle accelerazioni più decise. È quando gli spazi si aprono e le velocità crescono che tutta questa prontezza di reazioni può diventare irrequietezza e, se non maneggiata con cura, persino leggero nervosismo.

 

 

La CB1000 è quasi l’esatto opposto. Più progressiva nei movimenti, nello stretto è meno reattiva, faticando di tanto in tanto a tenere il ritmo con cui la Yamaha cambia appoggio e chiude le curve. Il quattro cilindri Honda ci mette una pezza con una corposità e una spinta sin dai bassi regimi che il tre in linea di Iwata – pur non lasciando sul campo più di qualche metro – semplicemente non può replicare per la manifesta inferiorità di cubatura.

Anzi, la 1000 ha talmente tanta birra ai medi che la risposta all’acceleratore, nella modalità “Sport”, si fa spesso brusca, sporcando il feeling quando si riprende in mano il gas a moto piegata. Ma basta selezionare il riding mode personalizzabile e tornare più in basso di un gradino con l’impostazione “P” per eliminare quasi del tutto il problema. Poi le curve si fanno più veloci e i rettilinei più lunghi anche per la Honda, e qui la maxi dell’Ala dà il suo meglio: l’esuberanza ai medi diviene un’esplosione di spinta agli alti, quell’accenno di pigrizia nello stretto si fa stabilità e confidenza granitiche in percorrenza.

Il pregio più grande della CB1000R nella guida sportiva stradale, però, sta nel suo assetto, che sembra appianare le irregolarità dell’asfalto con un’idraulica piuttosto aperta, ma che quasi incredibilmente si comporta altrettanto bene quando si spinge forte tra le curve.

 

 

E a costo di sembrare ripetitivi, anche da questo punto di vista non si può non sottolineare l’opposto approccio della Yamaha, più sostenuta e tonica nel set up – senza però scadere nella rigidità da sportiva dura e pura, che qui sarebbe fuori luogo – ma anche più suscettibile alle imperfezioni del manto stradale e un filo secca sulle sconnessioni più marcate.

Se proprio vogliamo trovare un’area in cui le Xsr e CB si assomigliano, quella è la frenata: entrambe hanno impianti sportivi con abs, efficaci e modulabili senza eccedere nell’aggressività al primo tocco sulla leva, con solo un certo margine di potenza a vantaggio dell’impianto con pinze radiali Tokico e dischi da 310 mm della CB.

Vinti e vincitori?

Ci aspettavamo due moto simili, ne abbiamo trovate due agli antipodi. In comune hanno il sapore retrò, tanto divertimento da offrire nella guida sportiva e ben poco altro, come il Paese d’origine e una semplicità di guida pazzesca rispetto alle velocità che consentono di tenere sui tratti misti.

Non che siano motorette per neofiti, intendiamoci. La Xsr900 è una scarica di adrenalina da godersi soprattutto sui percorsi tortuosi, con un pacchetto completo in cui il motore è il protagonista assoluto, riuscendo a tenere testa al quattro in linea a cilindrata piena della CB in gran parte delle situazioni.

In termini di design, fascino e cura costruttiva la Honda è però su un altro livello, il che rispecchia adeguatamente i 2.300 euro di differenza tra la Xsr generosamente allestita che abbiamo provato e la CB in versione +. E dove la CB rimarca il suo appartenere a una categoria superiore è nella dotazione e in un’esperienza di guida che resta rilassata anche quando ci si avventura ad andature tutt’altro che tranquille.

Dunque è lei la migliore tra le due “fast modern classic” giapponesi?

Con due personalità così diverse, sarebbe difficile e forse sbagliato dare un giudizio secco: del resto, a fine giornata noi stessi eravamo divisi su quale fosse la vincitrice. Ma se avete letto attentamente fino a qui, probabilmente avrete già le idee molto chiare su qual è quella che più fa per voi.