Veloce, divertente e un po’ sopra le righe: guidando la Ford Mustang GT abbiamo scoperto questo e molto altro di lei, sempre accompagnati dal carattere unico del suo V8

di Marco Peril / foto Orazio Truglio • courtesy FORD

Un altro semaforo rosso nell’ora di punta milanese, l’ennesima lenta processione in coda per superare un incrocio. “Di questo passo mi verrà un quadricipite sinistro da body builder”, dico a me stesso mentre modulo la pesante frizione, senza toccare il pedale destro e lasciando che sia la coppia del V8 a mettere in movimento l’auto. E sorrido. Sorrido perché, persino nella situazione che meno si addice alla Ford Mustang GT, il suo carattere strabordante riesce a mutare la frustrazione del traffico nel piacere di un gioco.

Un gioco fatto di sguardi curiosi delle ragazze e di occhiate esaltate di altri appassionati, che ricevo invariabilmente a ogni attraversamento pedonale a cui mi fermo: passare inosservati con questa belva yankee è impossibile.

Le prime si staranno forse chiedendo cos’altro manchi nella mia vita, per aver scelto di guidare un’auto con un cofano tanto lungo e una doppia fascia nera che corre centralmente per tutta la sua lunghezza. I secondi, invece, chiariscono subito i loro pensieri ben più semplici: alzano la mano e mimano il movimento del piede che spinge l’acceleratore sul pavimento. La mia prova di questa icona è appena iniziata, ma so già che ci sarà da divertirsi.

 

Un pezzo di storia

Un’icona: la Ford Mustang è esattamente questo. Da quando la prima generazione apparve in pubblico per la prima volta nel 1964, non è stato solo il mondo dell’auto a subirne il fascino. Il successo di vendite fu immediato e travolgente, tanto che con lei nacquero le pony car, la versione compatta (per gli standard dimensionali USA) delle muscle car.

La fama del cavallo selvaggio al galoppo valicò ben presto i confini degli appassionati. Merito delle sue linee ricercate e delle qualità sportive accessibili? O forse di un marketing brillante? Probabilmente entrambe le cose, ma una spinta fondamentale arrivò dal cinema: tutti conoscono “Bullitt”, in cui a dividersi il ruolo di protagonista con Steve McQueen, nel 1968 c’era anche una splendida GT390 verde.

Da allora, le Mustang hanno continuato a essere protagoniste sul grande schermo: da quella decappottabile di “Agente 007Missione Goldfinger”, alla Shelby GT 500 di “Io sono leggenda”, fino a quella preparata per le corse clandestine di “Need for Speed”. Insomma, anche chi non vive come noi del suono dei motori e dell’odore della benzina, probabilmente saprebbe riconoscere una Mustang.

Destriero all’europea

Entrando nell’abitacolo di questa sesta generazione della sportiva Ford, non sono però certo le reminiscenze cinematografiche a occupare per prime la mente. A catturare l’attenzione è innanzitutto lo sferico pomello del cambio manuale, che troneggia al centro del tunnel di trasmissione. Sì può optare per un comodo ed efficace automatico a 10 rapporti, ma come si fa a non farsi scaldare il cuore da quelle sei marce in griglia?

Lasciando che la ragione riprenda il sopravvento sui sentimenti, a farsi notare sono anche il design e la qualità percepita dell’abitacolo. Il primo è dominato dalla pelle nera e ampiamente ispirato alla Mustang originale, mentre materiali e finiture sono di buon livello praticamente dovunque. Qualche peccato veniale lo si può trovare, come il pannello di controllo del climatizzatore troppo affollato o la regolazione a scatti degli schienali dei sedili; ma in realtà si percepisce subito come questa sia la prima Mustang pensata sin dall’origine per il mercato globale.

Comoda e relativamente spaziosa per chi siede davanti, dietro lo spazio è adatto giusto per Frodo Baggins e uno dei suoi amici hobbit. Ma in fondo a chi importa caricare degli spilungoni sui sedili posteriori? Ben più interessanti sono la facilità con cui si comanda il sistema di infotainment Sync 3 attraverso il touchscreen da 8”, la chiarezza della strumentazione digitale da 12” personalizzabile o la qualità audio garantita dal impianto firmato Bang & Olufsen. Roba da sentirsi istantaneamente a un concerto rock o in un club, a seconda dei vostri gusti.

Benvenuta indipendenza

Se gli interni mostrano il lavoro svolto per incontrare i gusti europei, è nel profondo della coda Fastback che si cela la novità più importante nello stesso senso. Il ponte rigido posteriore è stato archiviato in soffitta, rimpiazzato da un sistema multilink che dona finalmente alla Mustang quattro ruote indipendenti. Con il sistema MagneRide optional, poi, il salto generazionale si fa grande quanto l’ego di Donald Trump: in pratica gli ammortizzatori vengono regolati fino a 1.000 volte al secondo, in base alle condizioni della strada, allo stile di guida di chi è al volante e al set up di base corrispondente ai quattro driving mode selezionabili

La tradizione resta invece sotto il cofano. E per fortuna, bisogna aggiungere. Il V8 aspirato da cinque litri è un simbolo, oltre che un formidabile strumento di propulsione. Con i suoi 450cv a 7.000 giri e 529Nm a 4.600, può spingere i 1.843kg della Mustang GT da 0 a 100km/h in 4,6 secondi.

Premesse più che buone, dunque. Ora però viene “LA” domanda, inevitabile quando si parla di una sportiva a stelle e strisce: è buona solo per bruciare i rettilinei, o fa anche le curve?

Ford Mustang: GT di nome e di fatto

Quale modo migliore di rispondere al quesito, se non andando a caccia di strade tortuose tra le Alpi? Prima di arrivarci, però, il trasferimento tra autostrada e statali è l’occasione per scoprire la spiccata anima da viaggiatrice di questa pony car. Con la modalità “Normal” inserita le sospensioni sembrano livellare istante per istante il manto stradale, il pedale dell’acceleratore risponde vellutato e lo sterzo è relativamente leggero e giustamente rallentato nelle reazioni.

Così viene naturale lasciarsi cullare dai sedili king-size, mentre il cruise control adattivo sorveglia la strada e il V8 ronfa lontano e sornione. Il perfetto esempio di una placida e raffinata esperienza di viaggio da Gran Turismo. Almeno finché arriva la prima galleria e suona la sveglia.

Modalità “Circuito” inserita, così che agli scarichi venga lasciato libero sfogo, finestrini abbassati anche se è pieno inverno, terza ingranata e… giù tutto. Un ringhio possente avvolge l’auto mentre il cinque litri risale il contagiri dai bassi ai medi; poi la lancetta virtuale passa quota 4.000 e le note gravi vengono affiancate da un vibrato metallico che sembra risalire direttamente dall’inferno, mentre in prossimità dei 6.000 il latrato si fa più acuto, più intenso, ancora più metallico, come in un’auto da Nascar lanciata a tutta birra su un ovale. L’estensione vocale di questo V8 è qualcosa di unico, che di per sé vale una buona fetta del prezzo del biglietto.

 

Il coltello di Rambo

Il momento della verità giunge finalmente all’imbocco della prima vera strada di montagna. Affronto le prime curve con un po’ di circospezione: in parte per valutare il grip offerto dalle gomme invernali su un asfalto gelido, in parte per prendere le misure a una belva una lunga 4,79 metri e larga 2.

Inizio a spingere, sempre di più a ogni curva che passa: la confidenza cresce velocemente e con lei il divertimento. Con la modalità “Sport +” inserita, l’acceleratore è reattivo come un grilletto e lo sterzo, solido e preciso, permette di indirizzare alla perfezione l’avantreno. In uscita dalle curve, nonostante le condizioni, la trazione meccanica abbonda, anche se spesso l’elettronica è costretta a intervenire per mantenere la situazione entro i ranghi del buon senso, tra sconnessioni e chiazze di umido ai limiti del vero e proprio ghiaccio.

Ogni istante dell’esperienza di guida è fisico, coinvolgente, a metà tra una lotta e una danza. Definire la traiettoria richiede un’azione decisa sulla spessa corona del volante, così come cambiare marcia significa calciare la frizione e assestare un colpo deciso al pomello, con la gratificazione di poter contare in scalata su una doppietta automatica impeccabile. Pure le frenate, quando tocca smaltire parecchia velocità in eccesso da quasi 1.850kg di auto, diventano una faccenda fisica, con l’impianto Brembo – davanti ci sono pinze a sei pistoncini – che non delude mai, mettendo sul piatto una risposta pronta, un ottimo potere d’arresto e una buona modulabilità.

Guidata di forza e con un pizzico di cattiveria, questa Mustang GT sa essere un’arma tra le curve. Tutt’altra cosa rispetto al pregiudizio della muscle car che non gira. Solo non aspettatevi un mezzo da guidare in punta di dita, sfiorandone i comandi coi polpastrelli come fosse un bisturi. Pensate più al coltellaccio militare di Rambo: ugualmente affilato e preciso, ma da impugnare con tutt’altra decisione.

Protagonista assetato

Poi c’è lui, il mitico V8 da cinque litri. Finora ho solamente accennato alla colonna sonora che regala, ma le sue qualità meritano un paragrafo a parte.

Spinge come un toro alla carica quando glielo chiedete, ma questa non è nemmeno lontanamente la sua qualità migliore. A renderlo il propulsore perfetto per quest’auto è il suo carattere complesso, inebriante nelle sue molteplici sfaccettature, ma allo stesso tempo così facile da sfruttare e godibile in ogni situazione.

Pacato se si vuole trotterellare con un filo di gas in città o surfare sulle sue ondate di coppia in viaggio, diviene poderoso ed esuberante agli alti quando ci si vuole divertire, allungando senza esitazioni fino a oltre 7.500 giri. Tutto senza mai essere brutale o imprevedibile, tanto che persino concedersi qualche libertà a elettronica completamente esclusa viene quasi naturale.

L’unico rovescio della medaglia è che per alimentare tante qualità, ci vuole altrettanta benzina. In città è difficile fare meglio dei 6km/l, mentre viaggiando a 130km/h indicati in autostrada si riescono persino a superare i 10. Impossibile invece resistere alla tentazione di sfruttarlo nella parte alta del contagiri quando arrivano le curve, con i consumi che scendono in zona 3km/l.

Ford Mustang GT Fastback: a conti fatti

Leggendo fin qui avrete capito quanto questa icona americana ci abbia convinto. E lo ha fatto restando se stessa, pur venendo incontro ai gusti e alle esigenze di guida di noi europei. Qualche piccolo peccato veniale nell’abitacolo glielo si perdona volentieri, specialmente quando si guarda al cartellino del prezzo. Il listino parte da 48.000 euro, mentre un esemplare ben accessoriato come quello provato si attesta poco oltre i 55.000: poco più di una berlina tedesca a gasolio mediamente accessoriata.

In questo caso, però, c’è una linea da far girare la testa e un V8 da standing ovation. Senza contare alcune chicche che fanno molto “murica”, come la modalità Drag Strip per sperimentare furiose accelerazioni da fermo o la ancor più maleducata Line Lock, che potremmo rinominare “Burnout Mode”: basta premere qualche tasto e l’auto si occuperà di frenare l’assale anteriore, lasciandovi liberi di creare una nube temporalesca bruciando le gomme posteriori. Inutile? Sì. Divertente? Di più!

Purtroppo, quello stesso V8, in Italia rappresenta la condanna della Ford Mustang GT: 450cv significano una tassa di possesso da circa 4.000 euro all’anno, decisamente sproporzionata rispetto al prezzo di acquisto. Ma se vi piace stare al centro dell’attenzione e siete disposti a pagare un conto tanto salato in tasse (oltre a quello del benzinaio), non esiste un solo motivo per cui non dovreste desiderare una Mustang GT nel vostro garage.